1 – FONTI NORMATIVE E SENTENZE: Legge n. 241 del 1990, O.M. 21.5.2001 n. 90, D.P.R. n. 184/06, Freedom of information act – FOIA – (D. Lgs. 25 maggio 2016, n. 97); CONSIGLIO DI STATO – Sentenza 28 ottobre 2010 n. 7650; TAR LAZIO – Sentenza n. 13135 del 2009
DIRITTO DI ACCESSO E RECENTE GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, regolato dalla l. 241del 7 agosto 1990, è alla base dei principi di trasparenza e di imparzialità dell’attività amministrativa. Il D. Lgs. 33/2013 (TU sulla trasparenza) e il D. Lgs. 97/2016 (c.d. FOIA), ne hanno ampliato la portata, attraverso i due nuovi istituti dell’accesso civico e dell’accesso generalizzato.
E’ utile esaminare la giurisprudenza amministrativa relativa al diritto di accesso agli atti. Il TAR Lazio del 5 novembre 2018 accoglieva il ricorso come prodotto dai difensori della ricorrente, con provvedimento N. 01868/2018 REG.PROV.COLL.N. 01104/2018 REG.RIC. e riconosceva il diritto di controllare la correttezza dei punteggi degli altri iscritti in graduatoria (diritto all’accesso agli atti nei confronti di altri soggetti presenti nella propria graduatoria, qualora tale accesso sia necessario non per esercitare un controllo generalizzato dell’operato della P.A cosa illegittima, ma per tutelare i propri diritti).
Con ricorso una ricorrente ha chiesto al Tribunale l’accertamento del proprio diritto ad accedere a tutti gli atti del procedimento di selezione ed in particolare a quelli afferenti ad un candidato posizionatosi al secondo posto della graduatoria. La richiesta di accesso a tali documenti è stata motivata, in via amministrativa, in ragione dell’esigenza di tutelare giudizialmente la propria posizione di partecipante alla selezione sopra indicata. A seguito dell’accesso espletato, pur consentendo di visionare gli atti inerenti la ricorrente, veniva negato, in toto, l’accesso a quelli relativi agli altri candidati. Ciò in ragione della pretesa inapplicabilità della normativa che disciplina l’accesso ai documenti amministrativi (artt. 22 e ss. L. n. 241/90) agli atti contenenti dati personali. Il TAR Lazio del 5 novembre 2018 accoglieva il ricorso come prodotto dai difensori della ricorrente, con provvedimento N. 01868/2018 REG.PROV.COLL.N. 01104/2018 REG.RIC.
Tutti i soggetti privati che hanno interesse diretto e concreto ed attuale hanno diritto all’accesso. “Ai sensi dell’art. 22 e ss. l. n. 241/90 tutti i soggetti privati che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata a documenti amministrativi (indipendentemente dalla natura privatistica o pubblicistica della loro disciplina sostanziale), di cui è chiesto l’accesso, ove detenuti da una pubblica amministrazione (per tale dovendosi intendere non soltanto i soggetti di diritto pubblico, ma anche quelli di diritto privato sia pure limitatamente alla loro attività di pubblico interesse) hanno diritto non soltanto a prenderne visione ma anche ad estrarne copia. In proposito, per come recentemente chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 13 del 28/06/2016) gli atti delle selezioni indette dai soggetti privati concessionari di pubblico servizio -quali la (omissis).- funzionali al reperimento del personale da impiegare per l’espletamento del servizio medesimo, rientrano nel cono d’ombra degli artt. 22 e ss. l. n. 241/90, in quanto, comunque, “concernenti attività di pubblico interesse” e ciò indipendentemente dal fatto che le controversie relative a tale procedure, così come quelle inerenti il conseguente rapporto di lavoro, rientrino nella giurisdizione del giudice ordinario.”
Il diritto di accesso va garantito con la visione e l’estrazione degli atti. “Tale diritto di accesso, che si estrinseca non soltanto nella visione ma anche nell’estrazione di copia dei documenti amministrativi, ha ad oggetto tutti gli atti riguardanti la partecipazione dei candidati alla selezione, rispetto ai quali non sussiste alcuna prioritaria esigenza di riservatezza giacché questi, prendendo parte alla procedura comparativa, “hanno evidentemente acconsentito a misurarsi in una competizione di cui la comparazione dei valori di ciascuno costituisce l’essenza della valutazione” (così T.A.R. Veneto, Venezia, sez. I, 20/01/2016, n. 37; cfr. anche T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 05/08/2013, n. 861).”
Il differimento dell’accesso agli atti è legittimo, purché motivato.
“Può ancora aggiungersi che già precedentemente la stessa giurisprudenza ha rilevato, con specifico riferimento a una procedura concorsuale per l’accesso a pubblico impiego, e sempre in relazione a un differimento di accesso agli atti, che esso non nega l’interesse del privato, ma si limita a rinviarne il soddisfacimento a una data successiva, a tutela al tempo stesso dell’interesse pubblico alla riservatezza e alla speditezza delle operazioni concorsuali (C. Stato, IV, 4 aprile 2012, n. 2005).” “Come affermato dalla giurisprudenza con riferimento alla circostanza che l’esercizio del diritto di accesso agli atti amministrativi deve essere, comunque, armonizzato con le esigenze di interesse pubblico e di buon andamento, non è da escludere che l’Amministrazione possa differire l’accesso alla conclusione del procedimento, ma tale scelta deve figurare come il risultato di una consona, pertinente e motivata valutazione, espressamente riportata nel provvedimento di riscontro alla richiesta di accesso o, comunque, facilmente desumibile dai contenuti di quest’ultimo, che si presti a dare atto della sussistenza di negative interferenze tra un eventuale accesso e lo svolgimento della funzione amministrativa, così come prescritto dall’art. 24, u.c., della legge n. 241/90, ovvero della necessità di assicurare una temporanea tutela degli interessi di cui all’art. 24, comma 2, della medesima legge, in conformità all’art. 7, comma 2, del D.P.R. n. 352/1992 (Tar Lazio, Sez.I, ter n.13783/2005)”
L’accesso agli atti è uno strumento idoneo ad ottenere la conoscenza degli atti del procedimento.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania(Sezione Sesta)con Sentenza n. 943, pubblicata il 19 febbraio 2019 così si pronuncia: “l’accesso deve essere considerato non solo ed esclusivamente come un istituto capace di permettere la conoscenza dei documenti amministrativi in via strumentale alla partecipazione procedimentale o alla difesa in giudizio, ma anche come idoneo ad ottenere la conoscenza di atti del procedimento amministrativo ogniqualvolta venga allegata la sussistenza di un interesse alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, la cui nozione è più ampia ed estesa rispetto a quella dell’interesse all’impugnazione, potendo avere ad oggetto atti idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti nei confronti dell’istante indipendentemente dalla sussistenza o meno di una loro lesività.
In un contesto di competizione concorsuale, è da escludere in radice la sussistenza di una particolare esigenza di riservatezza atteso che una volta acquisiti dalla procedura escono dalla sfera personale dei partecipanti”.
L’accesso agli atti non deve esplicarsi in controllo generalizzato verso la P.A.
“Come chiarito dalla giurisprudenza, se pur deve escludersi che la disciplina dell’accesso agli atti amministrativi consenta un controllo generalizzato, in forma di azione popolare (ex multis, v. CdS n.4346/2017), non ne condiziona l’esercizio del relativo diritto la titolarità di una posizione giuridica tutelata in modo pieno, “essendo sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente riconosciuta anche in misura attenuata, sicché la legittimazione all’accesso va riconosciuta a chiunque possa dimostrare che gli atti procedimentali oggetto dell’accesso abbiano cagionato o siano idonei a cagionare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica stante l’autonomia del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita, distinto rispetto alla situazione legittimante all’impugnativa dell’atto” (CdS n.3831/2017).
Se si esercita controllo generalizzato, l’accesso agli atti va negato.
Il Tar Abruzzo –L’Aquila n. 704/2006 ha escluso l’ostensione documentale, ritenendo che “in tema di esercizio del diritto di accesso riguardo ad atti di un concorso a pubblico impiego, il concetto di interesse giuridicamente rilevante, sebbene sia più ampio di quello di interesse all’impugnazione, non è tale da consentire una sorta di controllo generalizzato dell’azione amministrativa, né può ritenersi emergente ove riferito a candidati che abbiano conseguito una posizione deteriore in graduatoria rispetto a quella della ricorrente”.
QUALI DOCUMENTI: compiti scritti, documenti relativi a scrutini intermedi e finali, verbali interrogazioni orali e verbali consigli di classe (per le sole parti che riguardano l’alunno e omissione dei dati di altri alunni), atti relativi all’Esame di Stato, documentazione scolastica di alunni da parte del genitore separato/divorziato non affidatario, ecc.
VERIFICHE SCRITTE. Potrebbe essere utile, da parte del Dirigente scolastico, invitare i docenti, in sede di colloqui con i genitori, ad esibire le verifiche scritte, in modo da evitare una richiesta di accesso agli atti. I docenti non possono consegnare una fotocopia della verifica ai genitori. Gli studenti non possono portare a casa le verifiche e non possono avere una fotocopia delle verifiche.
SOGGETTI CHE POSSONO CHIEDERE L’ACCESSO AGLI ATTI. Il Freedom of information act – FOIA (decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97) permette a tutti i cittadini di visionare atti e documenti della pubblica amministrazione.
RICHIESTA DI ACCESSO AGLI ATTI. L’accesso agli atti può avvenire informalmente, qualora gli stessi riguardino il solo alunno interessato, mentre deve avvenire formalmente nel caso in cui vi sia un contro-interessato (ad esempio altro alunno che ha sostenuto l’esame).
DINIEGO DELLA RICHIESTA E MOTIVAZIONE. L’amministrazione può rifiutare la richiesta di accesso agli atti nel caso in cui il documento contenga dati personali (tutela della privacy). Ad esempio i genitori possono chiedere una copia della verifica del proprio figlio; non possono ottenere una copia delle verifiche svolte dai compagni del figlio. Il rifiuto, in ogni caso, deve essere adeguatamente motivato dall’amministrazione.
TERMINE. A seguito della richiesta, l’amministrazione ha l’obbligo di rispondere entro 30 giorni.
RIMBORSO DEI COSTI DI PRODUZIONE E COSTI DI RICERCA E VISURA. L’articolo 25, comma 1, della L. 241/1990 prevede che il diritto di accesso ai documenti amministrativi “si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L’esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura”. In proposito, il D.P.R. 184 del 2006 contenente il “Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi” all’art.7 precisa che “in ogni caso, la copia dei documenti è rilasciata subordinatamente al pagamento degli importi dovuti ai sensi dell’articolo 25 della legge secondo le modalità determinate dalle singole amministrazioni”.
La finalità, che trova puntuale conferma nella giurisprudenza amministrativa, è quella di evitare che i costi ricadano sulle Amministrazioni, e al contempo dissuadere i cittadini da richieste d’accesso superflue o strumentali. Resta fermo il divieto per la Pubblica amministrazione di trarre profitto dalle richieste pervenute, imponendo vere e proprie tasse extra legem sull’accesso.
Il costo per le attività di ricerca e visura è dovuto quando la richiesta di accesso comporti attività di ricerca, individuazione e/o estrazione dei documenti dal sistema di archivio fisico o digitale, causando un aggravio di lavoro all’ufficio competente: trattasi dunque di importi aggiuntivi al costo di riproduzione.
COSTI DI ACCESSO PER IL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE. Le tariffe del rimborso spese per la riproduzione di atti sono determinate e aggiornate con deliberazione del Consiglio di Istituto in base dei seguenti criteri: costo della carta in bianco; costo della riproduzione, comprensivo dell’ammortamento della macchina e del costo del personale addetto; diritti di ricerca di archivio.
Il Ministero dell’Istruzione, per tutte le richieste di accesso agli atti a lui afferenti come ente giuridico, ha emanato apposito regolamento n.662 del 17 aprile 2019 stabilendo il rimborso dei costi di riproduzione secondo tali cifre:
- € 0,25 a pagina per riproduzioni fotostatiche formato UNI A4;
- € 0,50 a pagina per riproduzioni fotostatiche formato UNI A3;
- € 1,00 a pagina qualora l’esercizio del diritto di accesso presupponga la copertura di dati personali nel rispetto del Codice sulla Privacy;
- € 10,00 per ogni notifica eseguita in favore dei contro interessati (comprensivi di spese postali e amministrative);
- € 16,00 sottoforma di marca da bollo per ogni 4 fogli/facciate, ove sia necessario;
- € 12,50 per ogni singola richiesta, a titolo di diritti di ricerca;
- € 0,10 per ogni pagina, a titolo di diritti di visura (anche per i documenti presenti in formato elettronico);
- € 1,00 per ogni pagina, a titolo di diritti di visura, qualora l’esercizio del diritto di accesso presupponga la copertura di dati personali nel rispetto del Codice sulla Privacy;
Per la spedizione tramite posta elettronica certificata di documenti archiviati in formato non modificabile nulla è dovuto, salvo i diritti di ricerca e visura.
MODALITA’ DI VERSAMENTO E UTILIZZO DI PAGOPA-PAGOINRETE. L’art.3 del regolamento MIUR indica le modalità di versamento delle somme. Il versamento è da effettuarsi presso la Tesoreria Provinciale dello Stato in conto entrate Tesoro Capo 13 – Capitolo 3550 – ART. 02 denominato “Entrate eventuali e diverse concernenti il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Somme relative a servizi resi dall’amministrazione”, il cui IBAN è: IT43K0100003245348013355002 con indicazione della causale “rimborso accesso – L. 241/90”
L’articolo 65, comma 2, del d.lgs. n. 217/2017, così come novellato dall’articolo 24, comma 2, lettera a), del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 (c.d. Decreto Semplificazioni), prevede l’obbligo di utilizzare esclusivamente la piattaforma pagoPA, prevista in conformità dell’articolo 5, comma 2, del d.lgs. n. 82 del 2005 per i pagamenti verso le Pubbliche amministrazioni. Pertanto, tali somme vanno versate sul conto corrente aperto presso l’istituto cassiere e intestato alla scuola, utilizzando il sistema PAGOINRETE, adottato dal Ministero dell’Istruzione accessibile dal SIDI (si può anche creare un evento di pagamento con importo modificabile). Sarà cura del DSGA o dell’Assistente amministrativo, regolarizzare l’entrata con apposita reversale d’incasso, trattandosi di entrata non vincolata.
REGOLAMENTO INTERNO DELLA SCUOLA. Le istituzioni scolastiche, in qualità di enti autonomi, possono dotarsi di appositi regolamenti disciplinanti i costi di riproduzione e i diritti di ricerca e visura. È cura dei Dirigenti scolastici dotare le proprie scuole di una disciplina in materia, nel rispetto del principio di ragionevolezza dei costi e di predeterminazione e conoscibilità, potendo anche richiamare il regolamento adottato dal Ministero dell’Istruzione.
Possono essere addebitati solo i costi strettamente necessari per la riproduzione di dati e documenti richiesti, ad esclusione di qualsiasi altro onere a carico del cittadino, che costituirebbe una limitazione illegittima del diritto d’accesso. Sono inoltre esclusi i costi per il personale impiegato nella trattazione delle richieste di accesso.
RECLAMO. I reclami contro gli esiti degli scrutini e degli esami devono essere presentati al Dirigente scolastico, che è il responsabile dell’atto conclusivo del procedimento. Il Dirigente, ricevuto e vagliato il reclamo, o lo accoglie o lo archivia. Nel primo caso, il DS invita l’organo collegiale a rivedere e correggere le anomalie riscontrate. Il Dirigente scolastico, sia nel caso di accoglimento che nel caso di archiviazione del reclamo, deve concludere il procedimento con atto espresso, ai sensi dell’articolo 2 comma 1 della legge 241/90.
Nel caso di reclamo avverso gli esiti degli esami di Stato conclusivi del II ciclo di Istruzione, laddove si ritenga necessaria una riconvocazione della commissione d’esame, il reclamo deve essere inviato dal Dirigente scolastico all’USR di competenza.
ALTRI RIMEDI CONTRO IL DINIEGO DELL’ISTITUZIONE SCOLASTICA. In caso di assenza di motivazione o di rifiuto ritenuto ingiusto, il cittadino può ricorrere a una serie di rimedi:
- ricorsi al Responsabile anticorruzione e al Difensore civico;
- ricorso al Tar, il tribunale amministrativo regionale;
- ricorso al Presidente della Repubblica.
Considerato che gli atti riguardanti la valutazione degli alunni, posti in essere dagli organi collegiali della scuola e dalle commissioni d’esame, sono atti definitivi, i ricorsi vanno presentati al TAR o al Presidente della Repubblica. L’impugnazione dei suddetti atti deve avvenire entro 60 giorni, qualora si decida di ricorrere al TAR oppure entro 120 giorni, nel caso in cui si decida di porre in essere un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. I 60 giorni, per il ricorso al TAR, e i 120 giorni, per il ricorso al Presidente della Repubblica, decorrono dalla data di pubblicazione degli esiti degli scrutini o degli esami.
ACCUSATO E DATI PERSONALI DI CHI HA SEGNALATO LA CONDOTTA ILLECITA. Una sentenza del Consiglio di Stato, del 24 novembre 2020, la numero 7390 affronta la questione dell’accesso agli atti per avere i nominativi di chi effettua segnalazioni di possibile condotte illecite.
Il TAR accoglieva il ricorso proposto da un dirigente scolastico avverso i dinieghi all’accesso agli atti della procedura ispettiva e al conseguente procedimento disciplinare instaurato dall’Ufficio scolastico regionale, relativamente agli esposti e generalità di coloro, i quali avevano reso le dichiarazioni poste a fondamento del medesimo procedimento e della conseguente sanzione, ordinando di conseguenza all’Amministrazione l’ostensione delle dichiarazioni e delle generalità dei dichiaranti; – avverso tale sentenza ha interposto appello l’Amministrazione soccombente.
Va tutelato il dipendente pubblico che segnala condotte illecite all’ufficio anti corruzione. Il Consiglio di Stato ricorda che la normativa vigente “sottrae al diritto di accesso la segnalazione e l’identità del pubblico dipendente, il quale, nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione, segnali al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all’art. 1, comma 7, L. n. 190 del 2012 condotte illecite di cui il segnalante sia venuto a conoscenza in ragione del proprio rapporto di lavoro (al contempo prevedendo, a garanzia del diritto di difesa nel procedimento disciplinare, che, “qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell’identità del segnalante, sia indispensabile per la difesa dell’incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità”).
Il Direttore dell’USR è il responsabile dell’anti corruzione. Concludono i giudici affermando che “nel settore della scuola, in considerazione dell’articolazione periferica del sistema scolastico e dei rapporti che intercorrono tra le istituzioni scolastiche e l’Amministrazione ministeriale, il responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) va individuato nella figura del direttore dell’Ufficio scolastico regionale (v. delibera ANAC n. 430 del 13 aprile 2016, recante “Linee guida sull’applicazione alle istituzioni scolastiche delle disposizioni di cui alla L. 6 novembre 2012, n. 190 e al D. Lgs. 14 marzo 2013, n. 33).